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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IX, 30
 
originale
 
30. Sed forsitan lector scrupulosum reprehendes narratum meum sic argumentaberis: "Vnde autem tu, astutule asine, intra terminos pistrini contentus, quid secreto, ut adfirmas, mulieres gesserint scire potuisti?". Accipe igitur quem ad modum homo curiosus iumenti faciem sustinens cuncta quae in perniciem pistoris mei gesta sunt cognovi. Diem ferme circa mediam repente intra pistrinum mulier reatu miraque tristitie deformis apparuit, flebili centunculo semiamicta, nudis et intectis pedibus, lurore buxeo macieque foedata, et discerptae comae semicanae sordentes inspersu cineris pleramque eius anteventulae contegebant faciem. Haec talis manu pistori clementer iniecta, quasi quippiam secreto conlocutura, in suum sibi cubiculum deducit eum et abducta fore quam diutissime demoratur. Sed cum esset iam confectum omne frumentum, quod inter manus opifices tractaverant, necessarioque peti deberet aliud, servuli cubiculum propter adstantes dominum vocabant operique supplementum postulabant. Atque ut illis (iterum et) saepicule [et inter] vocaliter clamantibus nullus respondit dominus, iam forem pulsare validius, et, quod diligentissime fuerat oppessulata, maius peiusque aliquid opinantes, nisu valido reducto vel diffracto cardine, tandem patefaciunt aditum. Nec uspiam reperta illa muliere vident e quodam tigillo constrictum iamque exanimem pendere dominum, eumque nodo cervicis absolutum detractumque summis plangoribus summisque lamentationibus atque ultimo lavacro procurant, peractisque feralibus officiis, frequenti prosequente comitatu, tradunt sepulturae.
 
traduzione
 
A questo punto un lettore pignuolo potrebbe interrompermi e chiedermi: ?Ma com'?, furbacchione d'un asino che sei, com'? che tu, chiuso nel recinto del mulino, hai potuto sapere quello che le donne macchinavano in segreto fra loro.? Stammi ancora a sentire in che modo io, pur sempre un uomo e curioso per giunta, anche se sotto le spoglie di un asino, ho saputo tutte le macchinazioni che si tramavano ai danni del mugnaio: era circa mezzogiorno quando a un tratto comparve nel mulino una donna con un'espressione sfigurata dall'angoscia, da condannata a morte, un mantelluccio liso che s? e no la copriva: era scalza, il viso pallido come uno stecco, i capelli grigi, scarmigliati e sporchi di cenere le coprivano parte del volto. Questa donna prendendo confidenzialmente per mano il mugnaio, come se volesse dirgli qualcosa in segreto, lo condusse in camera da letto, chiuse la porta e vi rimase a lungo. Nel frattempo essendo stato macinato tutto il grano che i lavoranti avevano in consegna e dovendosene, quindi, richiedere dell'altro, alcuni servi si accostarono alla porta della camera da letto e, a gran voce, cominciarono a chiamare il padrone chiedendogli altro lavoro. Ma bench? chiamassero pi? volte e tutti insieme, non ebbero risposta alcuna e cos?, dopo aver bussato con forza alla porta, quando si accorsero che questa era accuratamente sprangata, sospettando che qualcosa di grave doveva essere accaduto, con una forte spallata, tutti insieme, scardinarono la porta e la aprirono. Ebbene di quella donna nemmeno l'ombra, quanto al padrone se lo trovarono davanti appiccato con una corda a una trave, gi? morto. Fra lamenti e pianti a non finire gli liberarono il collo dal cappio e lo tirarono gi?, lo lavarono per l'ultima volta, gli resero le estreme onoranze e, fra un gran concorso di popolo, lo seppellirono.
 

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